Le carni di selvaggina sono molto pregiate e legate ad antichissime tradizioni culinarie. Queste carni sono assai difficili da reperire, principalmente dovuto al metodo di procacciamento, e solo in casi eccezionali, i ristoranti la includono nel menù. Da diversi anni, con la crescita esponenziale degli ungulati selvatici e le strategie di gestione delle loro popolazioni, la disponibilità delle carni è migliorata.

Le carni di selvaggina hanno ottime proprietà nutrizionali!

Gli animali selvatici, rispetto al bestiame di allevamento devono muoversi molto per procurare il poco cibo che la natura mette a disposizione. La loro alimentazione risulta molto variegata e con un ottimo apporto di vitamine e micronutrienti con azione antiossidante e antiinfiammatoria. Le carni non possono che rispecchiare la vita e la salute dell’animale.

Per questo motivo, le carni di selvaggina sono caratterizzate da basso contenuto di grassi, e da una prevalenza di fibre muscolari rosse (di tipo I e II) e una forte vascolarizzazione che contribuiscono alla caratteristica colorazione rosso scuro (vengono definite “carni nere”). Oltre alle proteine ad altissimo valore biologico (hanno un elevato contenuto in aminoacidi essenziali) , sono caratterizzate dalla presenza alta di antiossidanti, sostanze antiinfiammatorie, vitamine e micronutrienti (in particolare omega 3, ferro e zinco) e da un minore contenuto in omega 6 (precursori pro-infiammatori).

Purtroppo, è difficile trovare questi aspetti positivi nelle carni provenienti da bestiame di allevamento (anche se specie selvatiche), nutrito con grano, mais e altri cereali ad alto valore energetico per consentire una veloce crescita ponderale.

Selvaggina Non Allevata: biologico ma non “BIO”

Si penserebbe: “Cosa può essere più biologico della selvaggina. Una assenza dell’interferenza dell’uomo nella sua crescita, niente ormoni e/o antibiotici”. Purtroppo, senza il controllo assoluto sulla disponibilità alimentare dell’animale non troveremo mai una certificazione BIO sulla confezione di selvaggina a meno ché non venga allevato in condizioni BIO, cioè nutrito e controllato dall’uomo. Purtroppo, in queste condizioni, la qualità delle carni risulta molto diversa (presenza di grasso intermuscolare, colorazione meno intensa, valori nutrizionali inferiori). Scegliamo perciò sempre la “Selvaggina Non Allevata” di origine italiana o ancora meglio locale (Km 0)!

 [L’analisi delle carni di pernice rossa ha evidenziato un incremento dei grassi poliinsaturi rispetto a quelli saturi (da 8 a 32%), un migliore rapporto omega6/omega3 e un incremento notevole (3.7-4.4 volte) del contenuto in vit.E (antiossidante) nei soggetti cresciuti allo stato brado rispetto a quelli allevati.] 

La sicurezza alimentare non è più un problema

Storicamente, per il maggiore rischio delle carni di selvaggina di essere  potenzialmente contaminate da batteri, virus, parassiti e da piombo (provenienti da particelle di proiettili o bacini acquatici contaminati), dovuti sia all’assenza del controllo sulla nutrizione e la salute dell’animale selvatico, ma anche il modo e il luogo di abbattimento, le loro preparazioni prevedevano marinature lunghissime, speziature e cotture prolungate, ritenute indispensabili per ridurre il rischio biologico e per nascondere il “sapore di selvatico” (conseguenza di un trattamento poco corretto delle carni, di una maturazione inadeguata o inesistente e di una conservazione a temperature non adatte o in ambienti non idonei). Oggigiorno queste problematiche possono essere evitate e possiamo assaporare in pieno i loro sapori originali.

Per assicurare la sicurezza alimentare sono in atto norme definite a livello comunitario e regionale che stabiliscono i requisiti igienico-sanitarie e le modalità di commercializzazione delle carni di selvaggina. Nel Reg. (CE) 853/04 sono indicate le condizioni atte a garantire l’igiene delle carni di selvaggina tra le quali procedere nel più breve tempo possibile all’asportazione dello stomaco e dell’intestino ed al dissanguamento dell’animale. Anche la refrigerazione della carcassa deve iniziare in un breve lasso di tempo dall’abbattimento e raggiungere una temperatura in tutta la massa carnea non superiore a 7°C.

La Regione Emilia-Romagna ha in seguito declinato in modo particolareggiato le regole fondamentali per la commercializzazione delle carni di selvaggina (Determina 15856/2007): la filiera delle carni di selvaggina prevede l’osservanza di norme igienico-sanitarie garantite dai controlli del Servizio Veterinario presso i Centri di Lavorazione della Selvaggina, strutture in possesso di riconoscimento comunitario e quindi in grado di garantire l’utilizzo di locali ed attrezzature idonei. I veterinari dell’AUSL ispezionano tutti gli animali abbattuti, escludendo dal consumo quelli non idonei.

La selvaggina da preferire: locale e controllata!

Le garanzie che offre la filiera delle carni di selvaggina ci permette di prepararla come qualsiasi carne da allevamento, anche cruda o poco cotta, conservando in questo modo il suo gusto e le ottime proprietà nutrizionali. Così è diventata un’ottima alternativa, assicurando un apporto proteico di alto livello, insieme con vitamine, minerali e omega 3 sempre meno presenti nella dieta quotidiana. Questo non vale però per le carni di selvaggina non di filiera (cioè procurate direttamente da cacciatori e non transitate nei Centri di Lavorazione della Selvaggina) poiché non sottoposte ai controlli e tracciamento necessari.

Va sottolineato che le normative possono variare da nazione a nazione e addirittura da regione a regione. Si consiglia perciò di acquistare sempre un prodotto locale, italiano o al massimo proveniente da zone con simile normativa igienico-sanitaria.

 

Riferimenti:

La normativa è consultabile sul sito https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/caccia/temi/normativa/igiene-e-sanita

Int J Circumpolar Health 2016, 75: 30583 - http://dx.doi.org/10.3402/ijch.v75.30583

Ital J Food Saf. 2018 Feb 26;6(4):6875. doi: 10.4081/ijfs.2017.6875.

Ital J Food Saf. 2019 Mar 28;8(1):7724. doi: 10.4081/ijfs.2019.7724.

Meat Science Volume 160, February 2020, 107970 https://doi.org/10.1016/j.meatsci.2019.107970

Meat Science 2020 Feb; 160 doi: 10.1016/j.meatsci.2019.107967.

Parasit Vectors. 2017 Feb 28;10(1):107. doi: 10.1186/s13071-017-2052-5.

Poultry Science 2019 98:1037–1046 http://dx.doi.org/10.3382/ps/pey367 ;

Wilderness Environ Med. 2020 Jun;31(2):235-244. doi: 10.1016/j.wem.2019.12.003.