Tra le tante preoccupazioni che una donna in gravidanza deve affrontare, quella di contrarre eventuali infezioni dannose per lo sviluppo del bambino è sicuramente la più complessa da gestire.

Infatti, benché la gravidanza sia uno dei momenti più belli nella vita di ogni futura mamma, rappresenta anche un periodo in cui è necessario innalzare al massimo il livello di attenzione e adottare alcuni comportamenti per proteggere la propria salute e quella del nascituro.

In particolare, è opportuno non sottovalutare il rischio di contrarre infezioni come la toxoplasmosi, generalmente asintomatica nella maggior parte delle persone ma che può rivelarsi estremamente pericolosa per una donna incinta.

Vediamo allora cosa succede in caso di toxoplasmosi in gravidanza, quali sono le conseguenze che ne derivano e in che modo è possibile prevenirla attraverso accorgimenti comportamentali e alimentari.

Toxoplasmosi: cos’è e come si contrae 

La toxoplasmosi è un’infezione provocata da un parassita, il toxoplasma gondii, che colpisce sia gli animali che gli esseri umani. Potenzialmente tutti i mammiferi e gli animali a sangue caldo sono il bersaglio ideale di questo protozoo, ma è soltanto all’interno dell’organismo dei felini che riesce a completare il suo ciclo vitale e tramutarsi in una forma più aggressiva.

Ciò rappresenta il principale motivo per cui si addita il gatto domestico come primo responsabile della trasmissione di toxoplasmosi in gravidanza. In realtà, è bene sapere che il gatto non è l’unica potenziale minaccia in questo senso.

Il parassita infatti si diffonde nell’ambiente circostante attraverso le feci, contaminando tutto ciò con cui entra in contatto: terreni, alimenti, lettiera. Da qui il toxoplasma può raggiungere l’organismo degli esseri umani per via orale, attraverso l’ingestione di alimenti contaminati o semplicemente portandosi le mani alla bocca dopo aver maneggiato materiale infetto (pulendo ad esempio la lettiera del gatto o facendo giardinaggio).

Considerato che il batterio può trovarsi anche su frutta, verdura e nella carne cruda, la malattia si sviluppa normalmente in una percentuale altissima della popolazione (tra il 50 e l’80%) ma risulta generalmente asintomatica o con sintomi trascurabili (febbre, dolori muscolari, mal di gola). Al contrario, la toxoplasmosi contratta in gravidanza può invece comportare seri rischi se si trasmette al feto.

Toxoplasmosi in gravidanza: quali sono le conseguenze?

Non è sempre detto che la toxoplasmosi contratta in gravidanza si trasmetta al bambino. Questa possibilità rappresenta il 40% dei casi e le sue conseguenze dipendono dal momento in cui viene infettato anche il feto. 

Le probabilità di trasmissione, e quindi la gravità dei danni, sono infatti molto più alte a partire dal secondo trimestre di gravidanza. Quando ciò avviene, nella maggior parte dei casi si assiste a nascite premature, deformazione degli organi del nascituro o aborti spontanei

Un bambino che sia stato infettato durante la gestazione, se riesce a completare la gravidanza, può presentare quindi lesioni cerebrali, danni visivi e possibile cecità, perdita dell’udito e danni renali. In alcuni casi, sempre in relazione a quando il feto abbia contratto l’infezione, è possibile che i sintomi della toxoplasmosi si manifestino nei mesi o negli anni successivi alla nascita e in forma più o meno grave.

Per escludere ogni tipo di complicazione, quindi, è fondamentale evitare di sviluppare l’infezione in tutto il periodo della gravidanza e fino a 6 settimane prima se si sta programmando il concepimento di un figlio. Al contrario, chi ha già contratto la malattia in passato, avrà sviluppato degli anticorpi in grado di proteggere per tutta la vita e che rendono pertanto il soggetto immune a una possibile nuova infezione.

Come diagnosticare la toxoplasmosi in gravidanza?

Il toxo-test è l’unico strumento in grado di verificare la vulnerabilità all’infezione, tramite l’identificazione della presenza o meno di anticorpi contro il parassita.

Si tratta di un semplice esame del sangue attraverso il quale si quantificano i valori di due anticorpi specifici (IgM e IgG). 

Un test di toxoplasmosi negativo in gravidanza, ovvero con valori di IgM e IgG entrambi negativi, indica che la gestante è ancora vulnerabile e quindi esposta al rischio di contrarre l’infezione. Se questi due valori risultano entrambi positivi, invece, significa che l’infezione è attualmente in corso ed è necessario approfondire con altri esami. 

Infine, IgG positivo e IgM negativo indicano la presenza di anticorpi contro la toxoplasmosi, pertanto il soggetto può ritenersi ormai immune alla malattia che ha sviluppato in passato prima della gravidanza. 

Evitare la toxoplasmosi: cosa non mangiare

Se si scopre in tempo di aver contratto l’infezione, è possibile curarla con un trattamento antibiotico al fine di impedire al parassita di raggiungere il feto. In ogni caso però è sempre consigliabile fare in modo di non contrarla a priori.

Come evitare la toxoplasmosi in gravidanza? Facendo attenzione all’alimentazione e adottando alcuni comportamenti che possono prevenire il contagio.

Vi sono infatti una serie di cibi che in gravidanza dovrebbero essere evitati perché rischiano di veicolare il parassita della toxoplasmosi. In cima alla lista troviamo la carne e il pesce crudo, insieme a tutti gli altri alimenti ‘poco cotti’ come i cibi affumicati, i formaggi non stagionati, il latte fresco non pastorizzato, le uova crude, gli affettati e gli insaccati soprattutto se artigianali (sono meno controllati).

Anche frutta e verdura, soprattutto se biologiche e cresciute nel terreno, possono essere veicolo di toxoplasmosi. È opportuno quindi evitare di consumare questi alimenti a crudo se non sono stati prima accuratamente lavati con acqua e bicarbonato.

Infine, è bene adottare alcune precauzioni che proteggono dal pericolo di contagio. 

Se si ha un gatto in casa è consigliabile evitare di pulire la sua lettiera delegando questo compito a qualcun altro. Nel caso in cui non ci fosse alternativa, è fondamentale utilizzare dei guanti e ricordarsi comunque di lavarsi le mani dopo aver terminato l’operazione. 

In cucina è opportuno fare attenzione alle stoviglie e ai piani di lavoro che possono venire a contatto con alimenti contaminati (ad esempio coltelli, taglieri e piatti utilizzati per la preparazione di carne cruda), per evitare contaminazione indiretta è necessario quindi  igienizzare tutte le superfici prima di procedere alla preparazione dei pasti.