In diverse occasioni abbiamo avuto modo di osservare come una corretta alimentazione può rappresentare la soluzione più economica, sana ed efficace a molti dei problemi che affliggono l’organismo umano. 

Il cibo è talvolta una vera e propria medicina e, in base alle diverse problematiche, basta trovare un equilibrio nel suo consumo per recuperare il benessere.

Secondo questo principio, allora, viene da chiedersi se consumare determinate categorie di alimenti ed evitarne altre che il nostro corpo non riesce a metabolizzare sia il modo migliore per mantenersi sempre in salute. Una domanda che deve essersi posto anche James D’Adamo, il papà della dieta del gruppo sanguigno, uno dei regimi alimentari più discussi del nostro secolo, che ha incontrato un impressionante successo di pubblico nonostante i pareri fortemente contrari della comunità scientifica. 

In Italia viene chiamata anche emodieta o la dieta del dottor Mozzi, in riferimento al medico che ne ha diffuso i princìpi nel nostro paese, e si fonda sull’idea che sangue, malattie e alimentazione siano tra loro correlati sin dall’antichità al punto che il gruppo sanguigno di ognuno sia determinante nell’alimentazione da seguire per evitare che l’organismo si ammali.

L’obiettivo di questa dieta, che prevede il consumo di alimenti differenti in base al gruppo sanguigno di appartenenza, non è solo quello di condurre al dimagrimento ma anche, e soprattutto, quello di risolvere le patologie spesso legate proprio a un’alimentazione errata.

Nonostante le premesse, questo regime nutrizionale non ha mai incontrato il parere favorevole della comunità scientifica. Al contrario, diversi studi hanno smentito la correlazione tra gruppo sanguigno e dieta, rendendo di fatto infondate le teorie diffuse dai dottori D’Adamo e Mozzi. 

La dieta del gruppo sanguigno è quindi assolutamente sconsigliata dagli esperti, che si impegnano a mettere tutti in guardia dai rischi e dalle controindicazioni che questa può produrre a lungo andare. Scendiamo allora nel dettaglio e cerchiamo di scoprirne di più così da starne consapevolmente alla larga.

Secondo gli studi affrontati per la prima volta nel 1957 dal naturopata americano James D’Adamo, poi portati avanti dal figlio Peter e descritti nel suo libro “Eat right for your type”, i gruppi sanguigni sono frutto dell’alimentazione che hanno condotto i nostri antenati nelle ere passate, pertanto riflettono l’evoluzione alimentare e dello stile di vita nel corso degli anni.

Il gruppo 0 è quello più antico, formatosi per via di una dieta prevalentemente carnivora che conducevano i primi uomini primitivi. 

Le persone con sangue appartenente a questo gruppo presentano quindi caratteristiche fisiche simili a quelle degli antichi cacciatori, conducono una vita attiva e pesante, traggono beneficio dagli alimenti di origine animale e sono più soggetti a sviluppare intolleranza al glutine. Di conseguenza, la dieta del gruppo 0 prevede il consumo di molta carne e derivati, mentre sconsiglia i cereali, i latticini e i legumi.

Il gruppo A è riconducibile al periodo neolitico, quando l’agricoltura rappresentava la principale forma di sostentamento dell’essere umano. Dal nomadismo si passò a uno stile di vita più sedentario e i popoli abbandonarono gradualmente la caccia per dedicarsi alla coltivazione di frutta e verdura.

La dieta del gruppo A, quindi, prevede un maggiore consumo di alimenti vegetali in favore di una riduzione del consumo di carne, mentre i latticini rimangono sconsigliati. Il gruppo B è caratteristico dei popoli nomadi delle steppe che, stazionando in terre più aride e remote, avevano meno possibilità di sostentarsi con l’agricoltura. Questi erano dediti alla pastorizia e all’allevamento del bestiame, attività che ben si adattava ai climi più freddi del Tibet, Siberia, Mongolia e Himalaya.

Il cambiamento climatico e dello stile di vita ha fatto sì che queste popolazioni sviluppassero un sistema immunitario molto forte e, di conseguenza, un apparato digerente molto efficiente. Sulla base di questa teoria, la dieta del gruppo sanguigno B è l’unica che contempla la possibilità di consumare latticini e formaggi in quantità, insieme alle altre fonti di proteine animali, mentre devono essere evitati gli zuccheri semplici (frutta e verdura). 

Il gruppo AB, infine, è il più recente e anche il più raro, formatosi in seguito alle invasioni dei Barbari tra i popoli dell’Impero Romano e alla conseguente unione dei loro geni. Presenta quindi sia gli antigeni del gruppo A che quelli del gruppo B.

La dieta del gruppo AB è pertanto una via di mezzo tra quelle viste finora, consente il consumo di tutti gli alimenti in quantità moderate e sconsiglia l’assunzione di troppi grassi poiché gli appartenenti a quest’ultimo sono inclini all’aumento di peso.

Secondo gli inventori di questo regime alimentare, quindi, esistono delle categorie di alimenti consigliati, neutri e da evitare per ogni gruppo sanguigno, dal momento che questi ultimi si caratterizzano per la presenza di antigeni nei globuli rossi che influenzano la corretta digestione dei cibi. Di conseguenza, ogni qualvolta gli antigeni entrano in contatto con le lectine (proteine) degli alimenti incompatibili scatenano una reazione avversa, dando origine a intolleranze, malesseri e malattie. 

Limiti, incongruenze e controindicazioni

Come già accennato, la dieta del gruppo sanguigno non è stata mai accettata dalla comunità scientifica perché priva di fondamenti. Non esiste infatti alcuna validità scientifica in grado di confermare le teorie diffuse da D’Adamo e Mozzi.

Sono molte inoltre le lacune e i punti oscuri che caratterizzano questo regime alimentare e che fanno storcere il naso agli esperti della nutrizione. A partire dal presupposto che la classificazione dei gruppi sanguigni è molto più complessa di quella elaborata dalla dieta. Quest’ultima infatti tiene in considerazione solo il sistema AB0 per la differenziazione, escludendo a priori le varianti Rh, positivo e negativo, che permettono di ottenere ben 8 classificazioni e non 4 come previsto dal dottor D’Adamo.

Senza contare, poi, che non sono state riscontrate prove in merito al fatto che la formazione dei gruppi sanguigni sia stata determinata dall’evoluzione della specie.

Nel corso degli ultimi 20 anni, quindi, sono stati effettuati diversi studi scientifici per tentare di trovare una corrispondenza ai princìpi della emodieta, senza successo. Nulla infatti è stato in grado di dimostrare che determinate scelte alimentari possano produrre reali benefici sulla base del gruppo sanguigno di appartenenza.

Al contrario, a lungo termine questa dieta può rivelarsi persino pericolosa per la salute di alcuni soggetti. È il caso di coloro che soffrono di intolleranze e si ritrovano tali cibi nella lista di quelli consigliati, oppure di chi propende al consumo eccessivo di determinate categorie di alimenti e alla totale esclusione di altre, producendo così un forte squilibrio tra i nutrienti.