Il lattosio, zucchero che si trova nel latte, è un disaccaride composto da glucosio e galattosio. Per facilitare l’assorbimento da parte degli enterociti, il disaccaride deve essere idrolizzato nei due monosaccaridi: questo processo avviene nel tratto dell’intestino tenue ad opera della lattasi, enzima appartenente alla famiglia delle idrolasi e codificato negli umani dal gene LCT (Hassan et al.).

L’attività della lattasi è elevata e vitale durante l’infanzia, ma nella maggior parte dei mammiferi, incluso l’uomo, l’attività declina dopo la fase dello svezzamento. In alcuni esseri umani, la persistenza della lattasi (LP, lactase persistence) rappresenta la continua abilità ad idrolizzare il lattosio negli adulti; è ereditata come carattere autosomico dominante, rappresentato dall’effetto fenotipico di tolleranza al lattosio.

Negli individui senza la persistenza della lattasi, l’attività dell’enzima nell’intestino tenue è insufficiente per idrolizzare il lattosio ingerito: il lattosio viene fermentato dalla microflora intestinale a livello del colon, portando alla produzione di gas e acidi grassi a catena corta, con sintomi noti quali meteorismo e diarrea (Leonardi M. et al).

La distribuzione del fenotipo della lattasi tra le popolazioni umane è molto variabile (Swallow M.D.).

Globalmente la percentuale dell’aplotipo della persistenza della lattasi è del 35%, con maggiore frequenza tra gli Europei e gli Americani di origine europea, mentre la più bassa frequenza è presente in Africa Sub-Sahariana e nel Sudest dell’Asia (Hassan et al.).

La persistenza della lattasi è prevalente in Europa, con un’alta frequenza soprattutto nel continente Nordovest (0.89-0.96 nelle Isole Britanniche e nella Scandinavia), mostrando un decremento verso il sud-est dove la sua frequenza può essere bassa come 0.15 attorno alla zona orientale del Mediterraneo. Un declino simile si osserva anche in India, con un’alta frequenza nella zona a nord (0.63) e una bassa frequenza nel sud (tra 0.2 e 0.1). La persistenza della lattasi è anche rara tra i Nativi Americani e nell’Asia orientale (Leonardi M. et al).

Molto variegata è la distribuzione della LP in Africa, dove le diverse popolazioni mostrano fenotipi differenti. Lo studio condotto da Hassan et al. ha investigato la diversità genetica degli alleli per la persistenza della lattasi tra le popolazioni orientali dell’Africa: sono stati raccolti 488 campioni di saliva di individui non imparentati, da 12 differenti gruppi etnici dell'Africa orientale dal Sudan, dal sud del Sudan e dall’Etiopia. Questo studio ha mostrato che la combinazione dello stile di vita e delle culture, in combinazione con la pressione evolutiva hanno giocato un ruolo cruciale nella formazione della struttura genetica della persistenza della lattasi nelle popolazioni Africane.

L’elevata capacità di digerire il lattosio negli adulti è comune soprattutto nelle popolazione di origine Europea e lungo le coste del Mediterraneo. Diverse analisi supportano la teoria secondo cui l’alta capacità di digerire il lattosio negli adulti sia un adattamento all’industria casearia, in particolar modo viene sostenuta l’ipotesi culturale-storica, secondo cui questa capacità si sia evoluta nelle popolazioni  che hanno mantenuto l’allevamento (Holden et Mace). Infatti è stato osservato che, nelle regioni dove il latte non era normalmente consumato, gli adulti avevano una bassa capacità di digerire il lattosio. È stato quindi ipotizzato che la persistenza della lattasi in età adulta fosse un adattamento di millenni di pastorizia e di consumo di latte. Questa è una teoria co-evolutiva, in cui la selezione di un carattere genetico è influenzato dall'ambiente culturale, dall'allevamento e dalla mungitura del bestiame. Secondo questa ipotesi, la capacità di digerire il lattosio ha un vantaggio selettivo negli adulti delle popolazioni pastorali (Holden et Mace).

Diversi modelli sostengono che la situazione ancestrale fosse di non persistenza della lattasi, come nei mammiferi attuali (Swallow M.D.). Il segno della selezione intorno al gene della lattasi è uno dei più forti nel genoma umano; l'inizio della selezione è stato datato a 5.000-10.000 anni fa. L'allele per la tolleranza al lattosio era assente in un antico DNA estratto da primi europei neolitici, il che suggerisce che l'allele fosse assente o presente a basse frequenze 7.000-8.000 anni fa. I primi esseri umani del Neolitico si sono esposti a una forte pressione selettiva per la tolleranza al lattosio bevendo il latte fresco (Laland et al.). Prove archeologiche suggeriscono che l’addomesticazione del bestiame ha avuto origine nel sud dell’Egitto circa 9000 anni fa, mentre nel Medio Oriente circa 7000-8000 anni fa.

In conclusione, i cambiamenti nello stile di vita negli ultimi 10 000 anni hanno portato a grandi cambiamenti nella dieta: l’introduzione dell’allevamento e l’inizio dell’attività casearia in alcune popolazioni ha favorito in passato la selezione di quegli individui che avevano sviluppato una mutazione per la tolleranza del lattosio nel latte fresco, alimento con diversi benefici nutrizionali e ottima fonte di acqua nelle regioni aride. La persistenza della lattasi è stata soggetta ad una forte selezione naturale positiva: basti pensare ai sintomi correlati all’intolleranza al lattosio, come diarrea che porta perdita di acqua e disidratazione, associata quindi ad uno svantaggio selettivo (Tishkoff A. S. et al). 

È un tratto dominante e la sua distribuzione geografica non è uniforme, mostrando una correlazione con una storia di pastorizia e industria casearia.

La capacità di adattarsi e di controllare l’ambiente da parte l’uomo è stata però tale da permettere anche di affrontare l’intolleranza per esempio attraverso la produzione di formaggi e yogurt, o altri prodotti, che essendo fermentati contengono un minore quantitativo di lattosio.

 

 

Bibliografia

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